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Zelig - Zelig

Regia:Woody Allen
Vietato:No
Video:Warner Home Video (Gli Scudi)
DVD:
Genere:Commedia
Tipologia:Mass media
Eta' consigliata:Scuole medie superiori
Soggetto:Woody Allen
Sceneggiatura:Woody Allen
Fotografia:Gordon Willis
Musiche:Dick Hyman
Montaggio:Susan E. Morse
Scenografia:Mel Bourne
Costumi:Santo Loquasto
Effetti:
Interpreti: Woody Allen (Leonard Zelig), Mia Farrow (Eudora Fletcher), John Buckwalter (Dottor Sindell), Paul Nevens (Dottor Birski), Saul Bellow (se stesso), Garrett Brown (Zelig Attore), Stephanie Farrow (Meryl Fletcher), Susan Sontag (se stessa)
Produzione:Robert Greenhut per Orion Pictures Corporation
Distribuzione:Non reperibile in pellicola
Origine:Usa
Anno:1983
Durata:

78’

Trama:

Leonard Zelig nato a New York, figlio di una matriarca e di un fallito attore yiddish, è un poveraccio con un'insaziabile sete di affetto, che risale alla sua triste infanzia di emarginato ebreo. Invece di carezze e baci ha ricevuto in sovrabbondanza bastonate: "Mio fratello mi bastonava, mia madre bastonava me e mio fratello. I vicini bastonavano la mia famiglia, mia madre, mio fratello e me...". Questa carenza affettiva porta Zelig a identificarsi psicologicamente e fisicamente con le persone che incontra: è un camaleonte umano. Con un suonatore negro di jazz diventa suonatore di jazz e negro: con dei campioni di baseball diventa anch'egli campione di baseball; diventa obeso con gli obesi, indiano con gli indiani... Diventa sosia perfino del papa (Pio XI) e disturba Hitler mentre arringa una folla di nazisti. Medici e psichiatri si interessano al suo caso e fra tutti, si prende speciale cura di Zelig una giovane psichiatra: Eudora Fletcher. Così Zelig diventa anch'egli psichiatra e sostiene di aver avuto divergenze con Freud. Del caso Zelig si interessano i mass media: nascono i pupazzi "Zelig", si balla il "camaleon". Nel frattempo è intervenuta una sorella di Zelig, che, assieme al suo amante, ha fiutato un'ottima occasione di far soldi, sfruttando il camaleontismo del fratello. Sottrae Zelig agli psichiatri e lo esibisce in pubblico negli Stati Uniti e all'estero. Tutte le personalità dell'epoca roosveltiana (siamo tra il 1920 e il 1930) vogliono conoscere Zelig. Finalmente, dopo un episodio di sangue, Eudora Fletcher riesce a riavere Zelig, lo avvia alla guarigione, si innamora di lui e sembrano ormai prossime le nozze. Ma, ecco, da varie parti degli Stati Uniti si fanno avanti numerose donne, affermando di essere state sposate dall'uomo-camaleonte e di aver avuto figli da lui: esigono perciò il risarcimento dei danni. Zelig, prima idolatrato, ora è bersaglio dell'odio popolare. Dovrà affrontare un processo, ma, prima che inizi, scompare e si rende irreperibile. Eudora però non si dà per vinta. Le è sembrato di individuare Zelig in una riunione di nazisti. Parte per la Germania e, in un grande raduno a Monaco, riesce a scoprire e incontrare il suo Zelig. Ritornano in America con un aereo guidato da Zelig, trasformato in aviatore, che batte il record di trasvolata atlantica con l'apparecchio capovolto. Zelig è acclamato come un trionfatore in un immenso corteo nella Quinta Strada di New York. Ora Eudora si tiene ben stretto il suo Zelig e corona il suo amore col matrimonio.

Critica 1:Storia di Leonard Zelig (in yiddish: benedetto), un omarino ebreo americano e camaleonte umano, tra le due guerre, che nella sua smodata smania di essere accettato e amato ha sviluppato la capacità camaleontica di assumere le caratteristiche somatiche, psichiche e lessicali di chiunque incontri. Il più originale e, forse, il meno divertente film di W. Allen, se si tolgono le escursioni esplicite nel dramma. Rappresenta nel suo itinerario quello che è Tempi moderni (1936) in quello di Chaplin. Apologo sul conformismo e lo sforzo d'integrazione degli emigranti USA, satirica riflessione sul mito del successo e sulla mania, altrettanto americana, di trasformare in idolo chiunque abbia un particolare talento e poi dimenticarlo (distruggerlo) con altrettanta velocità. Straordinario lavoro di mimesi e intarsio dell'operatore G. Willis con brevi interviste a colori a Susan Sontag, Bruno Bettelheim, Saul Bellow, Irving Howe nella parte di sé stessi.
Autore critica:
Fonte criticaIl Morandini – Dizionario dei film, Zanichelli
Data critica:



Critica 2:Tutta la successione dei film di Woody Allen, da Prendi i soldi e scappa (1969) a Zelig è una lunga rincorsa al momento magico costituito dall'equilibrio perfetto tra commedia e dramma. Talvolta ottenuto (Annie Hall, 1977 e Manhattan, 1979), talvolta mancato (Stardust Memories, 1980) per eccessivo compiacimento o per zelo eccessivo (Interiors, 1978). Se Zelig, pur situandosi ad anni luce di distanza non fosse che temporale, fa pensare spesso a Chaplin o a Keaton e proprio perché, come nelle opere più mature di quei maestri del comico cinematografico, ad Allen riesce il sogno di ogni autore comico: far ridere, ma anche pensare.
Certo, se è questo che il lettore frettoloso vuol sapere, in Zelig si ride di più che negli ultimi film di Woody Allen: ma è un riso diverso da quello provocato dalle celebre gag di Prendi i soldi e scappa, Bananas o Provaci ancora Sam.
La farsa si è fatta satira dapprima, ed ora commedia, o forse tragicommedia. Qualcuno rimpiangerà quei momenti, così come cinquant'anni fa una parte degli spettatori di Tempi moderni reclamava le comiche del primo Charlot. Ma, che lo si voglia o meno, dei film come Zelig segnano quel passaggio che porta l'osservazione comica a farsi analisi di comportamento e quindi visione poetica. Con Zelig, a 48 anni e nel pieno di un'immensa fortuna di uomo di spettacolo, Woody Allen si permette il capriccio di ripartire da zero. Di riprendere alcuni schemi del suo primo film (le interviste ad alcuni personaggi del presente -tra cui la solita, assolutamente esilarante, al genitore che sparla del flglio- per ricreare un protagonista del passato) per scomporli e riadattarli alla ricerca di nuove forme di racconto cinematografico. Zelig, che si sviluppa su diversi piani di lettura, è infatti innanzitutto una serie di interviste filmate a colori, di alcuni celebri intellettuali contemporanei, come gli scrittori Saul Bellow e Susan Sonntag, o lo psicanalista Bruno Bettelheim, Essi ci parlano di uno strano personaggio vissuto negli Stati Uniti degli anni trenta e quaranta: Zelig, l'uomo camaleonte, che per piacere al prossimo e alla società assume le sembianze, fisiche e psicologiche di chi lo avvicina.
Fra gli intervistati vi è anche un'anziana signora, la dottoressa (Mia Farrow) che curò e si innamorò di Zelig. Essa ci parla di quell'esperienza, ed ecco che le immagini diventano in bianco e nero. Fotografie d'epoca, filmati documentari, spezzoni di cinegiornale. In essi compaiono altri personaggi di quegli anni, attori come Carol Lombard, Chaplin, Marion Davies o Tom Mix, protagonisti della storia come il sindaco di New York o, addirittura, il Papa e Hitler. Fra di loro, con la sua storia di uomo diverso che fa di tutto per apparire uguale agli altri, comincia ad apparire Zelig. Lo vediamo comparire nello sfondo, e quasi dobbiamo sforzarci di riconoscerlo dietro ai personaggi in primo piano confuso fra i passanti di Times Square o gli invitati ad una festa de; mitico magnate Hearst. Ma Zelig, anche se nel corso della proiezione tendiamo progressivamente a dimenticarlo, anche se lo vediamo inserito con diabolica abilità nei documentari (autentici e manipolati, oppure del tutto ricreati, ed invecchiati in seguito) d'epoca, non è un personaggio realmente esistito. Ma una semplice proiezione della fantasia dell'autore: Allen introduce la finzione nel tipo d'immagine che maggiormente ci dà l'impressione di verità. Quella del (presunto) documentario: il taglio di tipo televisivo per le interviste e per il tono biografico del racconto, e quello da cinegiornale per le scene del passato. Non solo: in Zelig si vedono anche spezzoni di un film che la Paramount avrebbe girato nel '37 sul caso. Attori che fingono di vivere l'esperienza reale di un avvenimento mai esistito. Finzione della finzione. Ecco quindi che il film assume sempre di più l'aspetto di una intelligentissima esercitazione di stile, ma meglio dovremmo dire di una riflessione, sorprendentemente inedita e lucidissima, sul potere dell'immagine. E sulla rimessa in questione, sulla relatività insomma, della nozione di verità. Quello che è e vedete è vero, ci dice Allen: cosa volete di più vero di una testimonianza d'epoca filmata e fotografata? Ma, al tempo stesso, eccovi la smentita immediata. Il documento è falso, diffidate dai preconcetti.
Su questa trama formale di rimessa in questione di valori, la storia di un uomo che per poter essere accettato dalla società deve mentire.
Il personaggio Zelig è come l'immagine del film Zelig: esiste in quanto finzione, scompare quando smascherato. Uomo-camaleonte per piacere al prossimo, per non essere di disturbo, Zelig è accettato, anzi eroicizzato dalla società. Guarito dall'amore e dalla scienza diventa trasparente, vulnerabile e quindi vittima delle vendette di quella medesima società che lo aveva esaltato. Questo parallelismo tra l'invenzione di un personaggio teso disperatamente alla ricerca di un'identità e l'invenzione di una forma che costantemente rifiuta la propria nozione di verità e di identità, permette a Woody Allen di creare uno dei film più intelligenti ed originali che si siano visti negli ultimi tempi. Ma Zelig non è ovviamente un film-palestra per esercitazioni intellettuali: l'humour dissacrante del comico e la commovente dimensione umana del protagonista rendono all'analisi sociale di Allen una vera e propria dimensione poetica. E da Zelig si esce riconciliati con il cinema.
Autore critica:Fabio Fumagalli
Fonte critica:rtsi.ch/filmselezione
Data critica:

13/10/1983

Critica 3:Probabilmente il miglior film di Woody Allen, un finto documentario molto più sottile e intelligente di quanto non voglia sembrare. Zelig ('benedetto' in lingua yiddish) è una pellicola tutto sommato poco divertente ma sorretta da una grande inventiva ed un’ottima realizzazione tecnica, che sfrutta appieno le capacità del Woody Allen attore e anticipa la presenza di Forrest Gump all’interno di quadretti di Storia vera. La trama non nasconde la riflessione del suo autore sulle difficoltà di integrazione che ha il singolo appartenente ad una minoranza all’interno della società moderna, non nasconde la critica al conformismo e ancor di più alla malsana abitudine di innalzare a livello di idolo chiunque riesca a brillare anche solo per un momento, per poi rigettarlo nella polvere appena ci si rende conto che la sua grande capacità tale non era. ‘Non nasconde’ nel senso che non le occulta: le rende evidenti grazie alla struttura narrativa che alterna episodi della vita di Zelig con le analisi che di queste fa la dottoressa da cui è in cura. Non è solo la perfezione tecnica dei "siparietti storici" che rende credibile la vicenda che ci viene raccontata, ma è la storia in sé - la vita che Allen ha immaginato per il suo personaggio - ad essere emozionante e sorprendente. Il lento aumentare della nostra conoscenza della personalità di Leonard Zelig è talmente intrigante, talmente ben studiato, che nonostante la relativa prevedibilità degli eventi rimaniamo incollati allo scorrere delle immagini per scoprire qualcosa di più di lui. Ma non tutto quello che vorremmo sapere ci viene davvero raccontato, il che toglie qualcosa al senso di appagamento che si prova alla fine del film. Appagamento per il relativo happy ending, e soprattutto per il fatto di non aver dovuto (ancora?) arrivare agli eccessi di Zelig per riuscire a sopravvivere nella società moderna.
Autore critica:Alberto Cassani
Fonte critica:Film&Chips
Data critica:

6/7/2003

Libro da cui e' stato tratto il film
Titolo libro:
Autore libro:

A cura di: Redazione Internet
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